Oltre l’illusione del metaverso: la moda digitale non è finita

Quando nel 2021 Mark Zuckerberg ribattezzò Facebook in Meta, molti pensarono che il futuro dell’interazione digitale fosse ormai scritto. Brand di moda come Gucci, Balenciaga e Nike iniziarono a investire milioni di dollari nella creazione di boutique virtuali, avatar e collezioni NFT. Ma il sogno di un “mondo parallelo” abitato da versioni digitali di noi stessi si è presto scontrato con la realtà: secondo McKinsey, il 65% dei progetti legati al metaverso lanciati nel biennio 2021–2022 è oggi sospeso o inattivo.

Nonostante ciò, l’esperimento non è stato inutile. Ha costretto il settore moda a ripensare il proprio linguaggio visivo, la relazione con la tecnologia e soprattutto il modo di comunicare identità e desiderio in un mondo sempre più ibrido. Il metaverso ha fallito come spazio, ma ha vinto come ispirazione.

Il ritorno sulla Terra: nasce il “phygital fashion”

L’eredità più concreta lasciata dal metaverso è la nascita del phygital fashion: una commistione tra reale e digitale che oggi guida l’evoluzione delle sfilate, dei lookbook e dei processi creativi. I capi nati come digital render diventano base per collezioni fisiche; le passerelle reali si popolano di proiezioni o avatar generati in tempo reale; i fitting avvengono con modelli virtuali prima della prototipazione.

Secondo il report The Fabricant 2024 Digital Fashion Index, il mercato dei capi digitali — che nel 2021 valeva meno di 150 milioni di dollari — ha superato nel 2024 quota 1,2 miliardi, trainato da brand che usano questi asset non più come NFT da collezionare, ma come strumenti di prototipazione e narrazione.

La fotografia aumentata

La trasformazione è visibile anche nell’immagine. Molti brand stanno adottando una fotografia “aumentata”, dove rendering, CGI e fotografia tradizionale si fondono in un linguaggio coerente.
L’obiettivo non è più imitare la realtà, ma interpretarla. La perfezione iperrealista delle immagini AI non è un errore, ma una nuova forma di estetica, più vicina al sogno che al documento.

Un esempio emblematico è la campagna Balmain Virtual Army del 2023, in cui tutti i volti erano digitali, ma la luce e la grana dell’immagine restituivano calore umano. Un paradosso che ha ridefinito il confine tra rendering e ritratto.
Oggi, secondo WGSN, oltre il 40% dei visual delle campagne moda include elementi di AI o CGI, anche quando non dichiarato.

L’esperienza digitale come nuovo lusso

L’epoca degli NFT da collezione è finita, ma non l’idea che l’esperienza digitale abbia valore. I brand hanno compreso che il pubblico non vuole “possedere” un file, ma vivere un momento immersivo, partecipare, essere parte di una storia.
Eventi come la Gucci Cosmos Exhibition di Londra, che unisce installazioni fisiche e visori AR, mostrano come il vero lusso oggi sia l’interazione tra corpo e immaginario.
Il digitale diventa medium narrativo, non più prodotto.

Una nuova grammatica visiva

Il metaverso non è mai diventato la nuova realtà promessa, ma ha lasciato un’eredità silenziosa: ha cambiato la grammatica dell’immagine.
Oggi i confini tra design, fotografia, architettura e moda si dissolvono in un’estetica “phygital”, dove pixel e tessuto si toccano.
La rivoluzione, forse, non è avvenuta nei mondi virtuali, ma nelle nostre menti — nel modo in cui immaginiamo, costruiamo e condividiamo la bellezza.

Immagine di Silvio de Rossi
Silvio de Rossi

Ottobre 20, 2025

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